La produzione, l’utilizzo e il commercio di sostanze chimiche sono in crescita, ovunque nel mondo. Nel 2018 il giro d’affari rappresentato da questo settore si attestava sui 3.347 miliardi di euro, con l’Europa che si posizionava al secondo posto, grazie a una fetta di mercato pari al 16,9 per cento (565 miliardi di euro), dopo la Cina e prima degli Stati Uniti. Fetta di mercato europea che si è andata riducendo, fino a dimezzarsi nel giro di 20 anni.
Da qui al 2030, secondo i dati del Consiglio europeo delle industrie chimiche (Cefic), il mercato potrebbe persino raddoppiare, ma il mercato europeo dovrebbe continuare ad assottigliarsi in termini percentuali, portando l’Unione europea al terzo posto con una percentuale di poco inferiore all’11 per cento.
Gli europei vogliono una vita libera da sostanze tossiche
Un male, in apparenza, se considerassimo il mero valore economico. I soldi. Un bene se andiamo a contestualizzare questi dati, sia dal punto di vista dei cittadini europei che da quello dei rappresentanti dell’industria chimica. È quello che fa il documento pubblicato a ottobre dalla Commissione europea che sintetizza la strategia sulle sostanze chimiche per un futuro sostenibile, in linea con il piano quinquennale del green deal europeo, fortemente voluto dalla presidente Ursula von der Leyen.
L’84 per cento dei cittadini europei, infatti, è preoccupato dall’impatto delle sostanze chimiche sulla vita quotidiana, sulla salute, secondo l’ultima indagine Eurostat. Percentuale che sale al 90 se si prendono in considerazione gli effetti sulla salute del Pianeta, sull’ambiente. L’inquinamento da sostanze chimiche e pesticidi dovuti alla loro presenza costante, dunque, è un tema fondamentale per gli europei. Tali sostanze si trovano ovunque: dai giocattoli agli articoli per bambini, dai cosmetici ai detergenti, dai mobili ai tessuti di cui sono fatti i nostri vestiti. Fino ad arrivare al cibo e a ciò con cui entra in contatto, come le plastiche di cui è fatto il packaging che lo contiene.
Trasformiamo l’industria chimica in un alleato
Per tutti questi motivi, la Commissione ha deciso di sviluppare un approccio che possa garantire la nostra salute e quella del Pianeta, cercando di eliminare quelle sostanze tossiche che provocano malattie in quanto interferenti endocrini che si accumulano nel nostro organismo provocando patologie, tumori e leucemie, e di investire invece nell’innovazione volta a facilitare la transizione verso un’economia sostenibile, che trasformi anche l’industria chimica supportandola nel trovare alternative sane. Come la biochimica. Abbandonare o minimizzare il più possibile l’utilizzo delle sostanze chimiche pericolose, dunque, dovrebbe essere integrato nel piano del green deal europeo.
Un esempio è quello dei Pfas, le sostanze perfluoroalchiliche che hanno avvelenato le falde acquifere e i terreni di buona parte del Veneto. Almeno 300mila persone sono rimaste coinvolte in questo avvelenamento degli acquedotti e che ha portato la cittadinanza a evitare di utilizzare l’acqua potabile ad uso domestico. Un dramma il cui processo legale è ancora in corso, ma che fa capire la gravità della situazione. Ora l’obiettivo è che l’industria chimica possa trasformarsi e fungere da supporto per la bonifica di questi territori.
Un esempio come altri quello scelto dalla Commissione nel suo documento e che su LifeGate stiamo raccontando passo dopo passo. Ma in queste pagine non possiamo non citare l’effetto che erbicidi come il glifosato o altri cocktail di pesticidi usati in agricoltura hanno sulla salute nostra e del Pianeta. E per questo bisogna insistere affinché l’obiettivo di vietare l’utilizzo di sostante dannose arrivi quanto prima. La campagna per la messa al bando del glifosato nel 2022, anno della prossima decisione sul suo eventuale rinnovo, deve subire un’accelerazione adesso, per evitare che tra un anno ci si senta dire che è troppo tardi per cambiare le cose.
Facciamo il nostro dovere, facciamoci sentire
I tempi di azione di Bruxelles sono lunghi e lenti, è vero. In questi casi si chiama in causa la “burocrazia”. Del resto, però, è normale che sia così per un organismo che coordina 27 stati nazionali che hanno culture e necessità diverse a seconda del loro stato economico, geografico e politico. Per un totale di quasi 450 milioni di cittadini. Ma l’obiettivo di lungo termine fissato dalla Commissione von der Leyen è chiaro: costruire un futuro migliore, e quindi più sostenibile, per l’intera comunità. E in questo rientra la volontà di diventare il primo continente a “inquinamento zero” causate dalla sostanze chimiche. Un primato che poi dovrebbe spingere anche altri attori dello scacchiere geopolitico a seguire le stesse orme, per una cooperazione internazionale di qualità.
Tra la teoria e la pratica, il nostro compito è cercare di non abbassare mai la guardia. E soprattutto per chi si occupa di informazione, non limitare l’attenzione nei giorni antecedenti un grande appuntamento, una scadenza importanza. Quello è il modo peggiore per farsi trovare “impreparati”.