Ci sono toccati, come a tutti, tempi apocalittici in cui vivere. Quello che fa la differenza è il modo in cui si reagisce: c’è chi non fa niente, per pigrizia o paura, e c’è chi ci prova, cercando di immaginare soluzioni nuove, di mettere insieme cose diverse. Per esempio Kilowatt, una cooperativa di Bologna che opera nei mondi dell’innovazione sociale, della formazione, della comunicazione e della creatività, della rigenerazione urbana e della sostenibilità. Abbiamo parlato con una dei soci fondatori, Nicoletta Tranquillo, chiedendole di spiegarci meglio chi sono e cosa fanno. “Siamo nati nel 2014 con l’idea di creare un luogo per chi crede che vita, lavoro e tempo libero possano trovare una sintesi dinamica e piacevole, incentrata sulle relazioni, il rispetto e la bellezza. Questo posto sono Le Serre dei Giardini Margherita, uno spazio pubblico abbandonato che abbiamo avuto in concessione dal Comune grazie a un bando e che abbiamo rigenerato per restituirlo alla città”.
Sostenibile, naturale, km 0, biologico: sono i principi a cui è ispirato lo spazio destinato alla gastronomia, Vetro. Ma il biologico e la qualità costano di più. Come si può evitare che questo discrimini chi non può permetterselo?
Penso tre cose: la prima è che va riaffermato il valore del cibo, e quindi il suo giusto prezzo. Su questo bisogna fare tanta educazione e sensibilizzare le persone. La seconda cosa è che vivendo in una società di mercato se la domanda aumentasse anche i prezzi si ridurrebbero (ed è quello a cui abbiamo assistito anche nel biologico negli ultimi anni), dobbiamo solo essere sempre di più a fare queste scelte. La terza cosa è che un terzo del cibo viene sprecato, quindi potremmo ridurre i costi della spesa comprando solo le cose che ci servono, ma di qualità. Senza parlare di tutti i costi occulti del mangiare cibi non sani.
Il principio del riuso/riciclo vale non solo per i piccoli oggetti ma anche per gli edifici e le altre costruzioni, case uffici e luoghi pubblici? Come può essere applicato il risparmio all’abitare in questo senso?
Certamente l’Italia è piena di spazi abbandonati che potrebbero avere una nuova vita evitando nuove costruzioni e nuova cementificazione, con tutti i benefici ambientali che seguono. È però un processo che ad oggi è limitato molto prima di tutto dalle istituzioni pubbliche, dai comuni alla Soprintendenza, che rendono i processi complessi, lunghissimi e molto costosi, quando non addirittura impossibili.
Secondo molti studi la maggior parte dello spreco di energie viene da edifici privati: si pensi alla dispersione di calore in inverno, per esempio. Quanto è possibile e come si fa a rendere il risparmio (economico) dei singoli risparmio (ambientale) a vantaggio della collettività?
Noi a Kilowatt crediamo che sia necessario, in questa sfida climatica, ingaggiare tutti, partendo dai cittadini, che alla fine sono acquirenti, votanti, soggetti che con le loro scelte determinano i cambiamenti. Stiamo lavorando molto in questi anni sulla costruzione di un nuovo immaginario legato alla sostenibilità e al potere delle persone, che sia capace di ingaggiare le persone e farle agire, giornalmente, per cambiare le cose. La comunicazione del cambiamento climatico purtroppo è caratterizzata da immagini distopiche che immobilizzano, ti lasciano inerme e terrorizzata, e questa è una forma di potere egemonico che fa parte del sistema che ha creato il problema. Siamo in un momento storico in cui, per dirla con Mark Fisher, è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo. Per cui se non ci impegniamo a creare un nuovo immaginario di futuro, di progresso, di benessere che sia raggiungibile e desiderabile, in cui identificarsi e verso cui andare, allora sì che siamo nei guai!