La farina è un prodotto di lavorazione a cui viene sottoposto il chicco (cariosside)del cereale. Può essere di frumento, mais, orzo, segale, farro oppure di pseudo cereali come quinoa, teff e grano saraceno, divenuti popolari perché non contengono naturalmente glutine e sono quindi adatti a chi soffre di celiachia o sono intolleranti al glutine.
Tuttavia, la farina più diffusa è comunque quella di frumento, che possiamo distinguere in due tipologie principali: quella di grano duro (Triticum durum) utilizzata per la pasta e per alcuni tipi di pane e quella di grano tenero (Triticum aestivum) utilizzata per dolci, impasti, pizze e lievitati in genere.
Gli aspetti caratterizzanti la farina di grano tenero sono sostanzialmente due: il grado di raffinazione e la forza, caratteristica quest’ultima fondamentale per ottenere un prodotto finale ottimale in termini di lievitazione. In ordine decrescente di raffinazione, possiamo classificare le farine in tipo 00 (spesso definite fior di farina), tipo 0,1, 2 e integrale.
Dal punto di vista nutrizionale, la raffinazione rende la farina meno ricca di macronutrienti, micronutrienti e fibre, lasciando per lo più amidi: ecco perché le farine cosiddette “bianche” hanno un indice glicemico superiore alle farine integrali, e non sono un vantaggio per chi le consuma. Contrariamente, è proprio il maggiore valore nutrizionale a rendere preferibili le farine integrali. Grazie al fatto che il chicco viene macinato intero, oltre all’endosperma contiene il tegumento e il germe di grano, una miniera di nutrienti tra cui proteine, polifenoli, aminoacidi, acidi grassi omega 3 e omega 6, fosforo, calcio, zinco potassio, selenio, ferro, vitamina B1, vitamina E, carotenoidi, fibre e una sostanza chiamata otacosanolo, che influenzando l’attività dell’ipofisi, migliora le prestazioni fisiche e mentali.
Diversi studi scientifici hanno evidenziato che i grani integrali apportano maggiori benefici per la salute: sostituire un pane con farina bianca con un pane fatto con farina integrale e di grani antichi, grazie alla componente dei polifenoli e alle fibre, riduce l’infiammazione e contribuisce ad abbassare il colesterolo e la glicemia nel sangue. L’utilizzo di cereali integrali, inoltre, riduce il rischio di ammalarsi di tumore del colon. Attenzione però al falso integrale: spesso nell’industria le farine di tipo 00 o 0 vengono addizionate con cruschello, ma il prodotto che ne esce non é paragonabile alla vera farina integrale, ossia macinata a partire dal chicco intero. La presenza del germe di grano nella farina integrale, inoltre, la rende più facilmente deperibile delle farine bianche, motivo per cui queste ultime hanno conquistato più posto sugli scaffali del supermercato.
La forza della farina (W) è invece un parametro fondamentale per la qualità di un impasto ed è legata al contenuto di proteine, prevalentemente glutenina e la gliadina: la prima ha capacità di assorbire l'acqua per formare la maglia glutinica che rende l'impasto elastico e in grado di trattenere amidi e anidride carbonica durante la lievitazione, la seconda lo rende estensibile. Una farina ‘forte’ (sopra i 300 W) assorbe molti liquidi durante l’impasto e tratterà meglio l’anidride carbonica prodotta durante la lievitazione, dando prodotti voluminosi e con mollica ben sviluppata. Viceversa, una farina ‘debole’ (sotto i 200 W) assorbe meno acqua, forma meno glutine ed è adatta a prodotti meno voluminosi con mollica meno alveolata e più compatta, è ideale per fare biscotti, pasta frolla, grissini.
Per dolci lievitati e alcuni tipi di pane, si può optare per farine con forza tra 180 e i 240 W; ricette salate come pane, pizze e focacce, necessitano di una forza di 240 e i 320 W, mentre i grandi lievitati, come il panettone, hanno bisogno di farine con forza 320 e i 380 W.
La manitoba, spesso aggiunta per aumentare la lievitazione, ha una forza sopra a 400W e contiene molto glutine: sebbene il glutine sia un componente importante per un ottimo prodotto lievitato, a livello intestinale crea infiammazione, pertanto l’utilizzo frequente di queste farine non è comunque consigliabile. Tra le cause dell’aumentata incidenza della celiachia, era stato ipotizzata infatti anche un’eccessiva esposizione al glutine, che chi è celiaco deve evitare sostituendo con farine naturalmente prive di glutine, come quella di riso, mais, miglio, che rispetto alla farina integrale, sono però meno ricche di fibre. Tuttavia esistono altre farine, come di grano saraceno e teff, che sono ricche di micronutrienti e anche fibre. L’assenza di glutine di queste farine, rende difficile fare dei prodotti molto lievitati, ma dal punto di vista nutrizionale sono ottime. La farina di avena, se certificata senza glutine (meno di 20 parti per milione), è un’interessante alternativa in quanto l’avena è ricca di beta-glucani, composti nutraceutici che regolano la glicemia, il colesterolo, che sono spesso un problema nei celiaci che consumano prodotti con farine aglutinate già pronte. Per fare dolci senza glutine, ottime sono la farina di castagne, farina di mandorle e quella di ceci che combinate con le farine di riso o grano saraceno, ne esaltano il profilo in micronutrienti.