L’esistenza di una relazione tra alimentazione e stato di salute delle persone è ampiamente riconosciuta. Dieta corretta ed equilibrio a tavola sono sicuramente fonte di benessere per l’organismo ma anche fattori come qualità e genuinità non sono da trascurare, perché influiscono profondamente sulla nostra salute. La scelta degli alimenti che mettiamo nel piatto è la base del nostro star bene (o stare male!). Lo dicono i medici, gli studi scientifici, i nutrizionisti e ce ne rendiamo facilmente conto anche noi, soprattutto quando esageriamo con gli zuccheri, i grassi, i fritti, le pietanze troppo elaborate. La situazione precipita se nel piatto finiscono cibi raffinati e ricchi di conservanti, coloranti, esaltatori di sapidità. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, le cosiddette malattie non trasmissibili (Mnt) causate da diete inadeguate, ricche di calorie “vuote” ovvero povere di nutrienti, con alti livelli di grassi, zuccheri e sale, causano 40 milioni di morti l’anno perché sono responsabili di malattie cardiovascolari, diabete, obesità, tumori e patologie respiratorie croniche. Meno immediato, è il riscontro degli effetti a lungo termine del cibo trattato in modo “artificiale” durante la sua crescita. Parliamo di cereali, ortaggi e frutta coltivati con fertilizzanti e pesticidi chimici di sintesi, di prodotti da allevamenti dove il benessere animale non viene rispettato, e nei quali, anche per questo motivo, si rende necessario somministrare sistematicamente antibiotici e altri farmaci. Che finiscono inesorabilmente nel nostro piatto (e nel nostro stomaco).
Il progetto Siamo fatti di Terra parla di cibo e salute
Dello stretto legame tra cibo e salute delle persone, e di quello altrettanto inseparabile tra cibo e salute del pianeta, si è parlato a Bologna nella prima tavola rotonda organizzata da Alce Nero nella cornice del progetto Siamo fatti di Terra, che nasce con lo scopo di riflettere su questi temi, unendo agronomi, nutrizionisti e ricercatori per approfondirne i contenuti e poi divulgarli.
Pesticidi: numerosi e mescolati fra loro, quali effetti per la salute anche a basse dosi?
Fiorella Belpoggi è direttore del centro di ricerca sul cancro “Cesare Maltoni” che fa capo all’istituto Ramazzini di Bologna. Da 40 anni lavora nel mondo della ricerca scientifica in particolare sul tema ambiente e salute. Durante la tavola rotonda ci ha parlato del rapporto tra pesticidi e insorgenza di patologie e degli studi che l’Istituto sta portando avanti in questo senso.
“Parlando di pesticidi bisogna sicuramente sottolineare come oggi la quantità in commercio sia di qualche decina di migliaia sul fronte dei principi attivi e di qualche milione riguardo i formulati. Il loro impatto sull’agricoltura è enorme. Il paradigma della ricerca negli anni è cambiato: mentre un tempo il pericolo era rappresentato da elevate concentrazioni di sostanze chimiche con un rischio circoscritto perché maggiormente controllabile, oggi ci troviamo di fronte a migliaia di pesticidi registrati e in commercio che a piccole dosi sono mescolati tra di loro e che molto spesso né individualmente né in miscela sono stati studiati in maniera adeguata. Questo è il vero problema dei nostri tempi: agenti pericolosi per l’ambiente e per la salute delle persone che non hanno ricevuto studi all’altezza e sui quali non abbiamo informazioni adeguate. Faccio l’esempio del clorpirifos. Sono ormai decenni che sappiamo che è un neurotossico però è fra di noi, non sappiamo quali siano i suoi effetti mescolato ad altri pesticidi”. L’Istituto Ramazzini si occupa ormai da una ventina d’anni delle piccole dosi presenti nell’ambiente e di come agiscono una volta mescolate fra loro, anche in sinergia con altri fattori ambientali. Un lavoro svolto sulla formaldeide, ad esempio, ha dimostrato come esista un effetto sinergico fra questa sostanza chimica, diffusissima nelle città in quanto prodotta dalla cattiva combustione delle benzine verdi, che anche a basse dosi diventa pericolosa in presenza dei campi magnetici creati dal flusso della corrente elettrica. Fino a diventare cancerogena. “Questa scoperta ci ha fatto orientare moltissimo sul tema delle sinergie delle sostanze pericolose ed abbiamo attualmente in corso uno studio per valutare gli effetti sul microbioma e sulle sequenze dell’RNA dovute all’esposizione ai dieci pesticidi più comuni trovati nelle mele”, spiega Belpoggi. “Questi dieci pesticidi sono tutti valutati alla concentrazione ammessa giornalmente nell’uomo, mescolati fra di loro. Dovremmo avere i risultati prima della fine dell’anno”.
Come procedono invece gli studi del Ramazzini sul glifosato?
“Lo studio pilota è concluso e stiamo pubblicando l’ultimo dei lavori che riguarda gli effetti nefrotossici, sui reni. Abbiamo visto che anche con breve esposizione e bassa dose, si riscontrano forti effetti in questo senso. Negli studi valutati dalla Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) ce n’è uno che ha rilevato aumenti di tumore del rene. Una volta pubblicati questi dati ci concentreremo sullo studio a lungo termine. È importantissimo per noi riuscire a fornire entro un anno almeno i dati sull’interferenza endocrina con una linea guida accettata a livello internazionale: ciò ci permetterà di bloccare il glifosato scongiurando il rischio che venga rinnovato”.